La storia del calcio è piena di giocatori infortunati che, non potendo essere sostituiti, andavano a giocare sulla fascia per tenere occupato un avversario senza dover correre troppo. Successivamente, dal 1996-97, dietro le magliette furono inseriti i numeri dall’ 1 al 99, ma l’1 e il 12 dovevano essere attribuiti ai portieri. CAPPELLINI – Li calzavano in molti, non solo i portieri. Ora i cappellini vengono usati solo dai portieri, soprattutto per difendersi dai raggi solari o dalle luci dei riflettori e sono naturalmente molto sbarazzini. Purtroppo, il tempo da calciatori è passato, ora il nostro ruolo è fare capire a questi ragazzi l’importanza della maglia che indossano, una casacca di grande tradizione che va sempre onorata. Nessuna grossa novità per le porte, solo che ora si è preferita la sezione ellittica. PASSAGGIO AL PORTIERE – Solo nel 1991 fu introdotta la norma che vieta al portiere in caso di passaggio di un calciatore della propria squadra (anche su rimessa laterale) di giocare la palla con le mani, ma solo con i piedi o di testa.
In caso di rifiuto, i calciatori non possono prendere parte al gioco. NUMERI, NOMI E SPONSOR SULLE MAGLIE – Il 18 settembre 1939, la prima giornata di campionato riservò ai tifosi una piacevole novità, studiata a tavolino per agevolare l’individuazione dei giocatori da parte del pubblico: i numeri dietro le maglie, che andavano dall’1 all’11 poiché all’epoca non esisteva la panchina con le riserve pronte ad intervenire in campo. A parte i motivi televisivi, negli ultimi anni, si è voluto anche dare, per comodità, un aspetto più sportivo, più moderno, agli arbitri . Dopo 20 anni, la “Torrefazione Azzurra” scomparve tra molti rimpianti letteralmente sotto i colpi di piccone nel 1953 nel quadro del famoso “piano di risanamento” della zona. In quegli anni, con Pro Vercelli, Novara e Casale, l’Alessandria andò a formare il «quadrilatero piemontese», fucina di grandi campioni e di importanti vittorie. Altre rivalità sentite intercorrono con Verbania, Biellese, Casale, Sestri. Inter che griffò col marchio pubblicitario Inno-Hit le tute d’allenamento di giocatori e raccattapalle, i biglietti d’ingresso e i tagliandi d’abbonamento.
PARASTINCHI – Si è passati, col tempo, dalle semplici strutture con imbottitura per attutire i colpi alle gambe, ai parastinchi dei giorni nostri, professionali, realizzati interamente in fibra di carbonio, con migliore protezione della tibia, o addirittura con una camera d’aria interna per meglio ammortizzare i colpi. All’inizio erano costituite generalmente da panche, una per ciascuna squadra, per accogliere l’allenatore, il medico sociale, qualche dirigente e qualche massaggiatore, visto che per moltissimi anni non erano ammesse le sostituzioni, anche a seguito di infortuni seri. Negli Anni Venti e Trenta, nell’epoca pionieristica del tifo partenopeo, i sostenitori azzurri che volevano tenere accesa la fiammella del loro grande amore verso la squadra, intendevano discutere, commentare, proporre, vedersi, insomma, fuori dello stadio, questi tifosi, non avevano punti di riferimento come li hanno oggi. Forse è una foto unica, superstite, della famosa “Torrefazione Azzurra”, il primo vero “covo” del tifo napoletano, inaugurata nel 1932, e situata all’angolo tra Via Sanfelice e Via Medina.
Negli anni seguenti la prima divisa rimase pressoché invariata, con l’unica particolarità dell’incontro con il Lussemburgo disputato a Genova il 31 marzo 1973, valido per le qualificazione a Germania Ovest 1974, quando la maglia azzurra presentò il bordo del collo e delle maniche di colore blu scuro, unica volta in cui venne indossata con questa particolarità. La tendenza ha una sola regola: indossare una maglia da calcio, ma in un contesto completamente diverso da quello d’appartenenza. La scelta cadde sugli acciai speciali, e in questo contesto va annoverata la joint venture con la Armco Steel Corporation, nel 1960, per la produzione di laminati magnetici e con la United States Steel, nel 1961, per la costruzione di un nuovo stabilimento per la produzione di acciaio inossidabile, (‘Terninoss’). Da quando il marketing è entrato nel mercato del pallone tutto è cambiato e le casacche dei calciatori si trasformano di anno in anno, nei colori non sempre quelli tradizionali, con simboli pubblicitari ed estrosità estetiche. Sono da considerare tali quelli metallici ed altri che possano costituire pregiudizio fisico (bracciali, orologi da polso,anelli, catene, ciondoli).