Lo stesso si potrebbe dire per Johann Cruyff e il suo 14: impossibile scinderli, dici uno e inevitabilmente pensi all’altro, con il genio olandese che si rivelava avanti anche su questo fronte con la trovata delle due strisce nere (anziché tre) sulla maglia oranje, l’unico in tutta la squadra al Mondiale del ‘74, in polemica con lo sponsor tecnico della nazionale olandese. Recoba 20, ovvero 10×2, diventa il suo marchio, tanto che il Chino all’Inter non se ne separerà mai, neanche quando avrà la possibilità di vestire la più prestigiosa numero 10. Moltiplicazioni o addizioni, Ronaldo è sempre in mezzo: al suo arrivo all’Inter, infatti, vestiva la 10 solo perché Ivan Zamorano non ne aveva voluto sapere di cedergli la 9. L’anno dopo, però, complice la pressione dello sponsor tecnico (che versa milioni e deve dare un senso al marchio R9) e grazie al salomonico intervento di Massimo Moratti, Zamorano cede: sarà la sua fortuna. 31 agosto 1997, Inter-Brescia, prima giornata di campionato e prima assoluta di Ronaldo con la maglia nerazzurra. Dilettanti, per poi dichiarare il 13 agosto 2003 fallimento per inadempienze economiche.

Mi ha impressionato Forò, che le poche volte che ha giocato si è dimostrato molto valido, poi è giovane ed è del posto: due qualità che ritengo importantissime». Non per questo, Ibra ha rinunciato a vestire i panni del rompiscatole, impuntandosi un paio di volte e uscendone sempre, naturalmente, da vincitore. Recentemente l’Inter ha dato il via a una sistematica campagna con cui omaggia i suoi ex campioni, terza maglia milan 2025 2026 invitandoli a scendere sul prato di San Siro nel prepartita per salutare il pubblico e regalando loro una maglia personalizzata incorniciata. San Siro ribolle di entusiasmo, in migliaia si sono presentati allo stadio con addosso la maglia numero 10 del Fenomeno. Discorso simile per Zlatan Ibrahimovic, uno che non ha bisogno di un numero fisso – nemmeno di una maglia, in verità – per vendere la propria immagine e risultare riconoscibile. Allo stesso tempo, non sono mancati i giocatori che si sono trasformati in veri e propri brand: iniziali, numero di maglia, e il gioco è fatto. Lo inseguiva da anni, ritenendolo il numero dei campioni, e non era mai riuscito a ottenerlo, trovando nel corso della sua carriera in van der Vaart, Del Piero, Adriano e Seedorf gente non disposta a trattare.

In origine la divisa del Brasile era bianca con il colletto blu, ma in seguito all’incredibile sconfitta ai mondiali del 1950 contro l’Uruguay nella partita decisiva per l’assegnazione del titolo i colori furono considerati poco patriottici e quindi, con il permesso della confederazione sportiva brasiliana, il quotidiano Correio da Manhã indisse una competizione per scegliere una nuova uniforme che contenesse i quattro colori della bandiera nazionale. II titolare comm. Giuseppe Brollo esamina a fondo il problema e presto si giunge all’abbinamento con la nuova denominazione «Unione Sportiva Aurora – Brollo – Desio». Che un giocatore “spicchi” e si renda riconoscibile con il suo “marchio” fatto di nome-e-numero stampati sulla schiena, in fondo, non spiace neanche ai club, anzi: da quando è stata introdotta la numerazione libera (non più dall’1 all’11 obbligatoriamente in campo) con abbinata la personalizzazione (in Serie A dalla stagione 1995/96) hanno trovato una nuova fonte di guadagno nel merchandising e nella vendita delle maglie di culto. Lo stile classico della nuova maglia è un richiamo ai 125 anni di storia del club, celebrati attraverso una patch dedicata sul retro della maglia. «Sullo sfondo delle leggi razziali e dell’Olocausto, portiamo in scena la storia di un uomo prima ancora che di un allenatore – spiega l’attrice Federica Ruggero – Uno spettacolo sui valori dello sport, del calcio, ma soprattutto sui valori della vita».

Fin dall’inizio della propria gloriosa storia il Flamengo è stato caratterizzato dal rosso e dal nero a bande orizzontali (al di là di rarissime eccezioni). E poi c’è chi si è sempre tenuto stretto il proprio numero, trasformandolo in un simbolo: il 7 ha segnato la carriera dello spagnolo Raúl (numero di maglia ritirato in suo onore dallo Schalke, ma non dal Real Madrid) e segna tuttora quella di Cristiano Ronaldo, alias CR7; Gigi Riva voleva a tutti i costi l’11 facendone anche una questione scaramantica (una volta in Nazionale giocò con il 9 e si ruppe la gamba), lo stesso storico numero di Giggs o Drogba. Un certo numero di progressi nella progettazione dei kit hanno avuto luogo a partire dal 2000, con vari gradi di successo. Un fenomeno simile si è verificato con il 21, improvvisamente diventato “the new 10” nella percezione del tifoso grazie ai giocatori di classe che l’hanno indossato in tempi recenti: Pirlo (con Inter, Milan e Juventus), Zidane (uno che paradossalmente non ha mai trovato la numero 10 libera nei club in cui ha giocato), Dybala (in onore dei primi due).